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LA PAROLA È LA MIA CASA - Non solo «come» ma anche «perché»: la croce è modello, ma anche causa, dell’amore reciproco

LA PAROLA È LA MIA CASA - Non solo «come» ma anche «perché»: la croce è modello, ma anche causa, dell’amore reciproco

Aprendo il collegamento è possibile scaricare il testo distribuito nelle chiese insieme agli avvisi parrocchiali.

Quinta Domenica di Pasqua C - Del Giorgio don Andrea.pdf

 

Attraverso un breve brano dei discorsi di Gesù durante l’ultima cena, riportati in alcuni capitoli del vangelo secondo Giovanni, la Parola di Dio di oggi traccia le coordinate del tempo della Chiesa, quello che stiamo vivendo da un paio di millenni. Ci troviamo in un mondo e in una Chiesa ancora imperfetti e non ancora compiuti, segnati dal male, dalla sofferenza, dalla violenza, dal tradimento. È Giuda a rappresentare questa drammatica situazione del “non ancora”, a testimoniare il persistere del male e del peccato, anche dentro la Chiesa, anche tra i più vicini. Eppure, proprio dentro questa situazione, è stato gettato il seme della Pasqua di morte e risurrezione, il dono della vita che ha glorificato il Figlio dell’uomo, Gesù. E inesorabilmente questo seme crescerà e sta già crescendo: è il Regno di Dio che al suo compimento inaugurerà il cielo nuovo  la terra nuova, la nuova Gerusalemme raccontata dal brano dell’Apocalisse nella seconda lettura.  Dunque il tempo in cui viviamo sta tra il vecchio mondo che sta tramontando dentro le convulsioni delle guerre, dell’egoismo, delle relazioni distruttive tra le persone e tra gli uomini e la natura e il cielo nuovo e la terra nuova che stanno germogliando laddove delle comunità cercano di vivere secondo la logica  evangelica dell’amore reciproco. La qualità di tale amore è descritto con le parole «Come io ho amato voi», cioè fino a donare la vita perché l’altro viva. Ma queste parole indicano anche la causa di questo amore (quel “come” nel termine originale può indicare anche “perché”) e la forza su cui si regge: «Perché io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri». Non sono le nostre buone intenzioni o le nostre forze a darci la possibilità di amare così, ma, appunto, la consapevolezza e l’esperienza di essere amati fino a dare la vita da lui. È solo la fede nel suo amore a generare comunità che tentano di amarsi così. E queste possono diventare, già in questo mondo segnato dal peccato, indicazione e anticipo, seppur pure loro imperfette, della Gerusalemme celeste.

14/05/2022 Categoria: Torna all'elenco