Nell’oscurità
l’immaginazione lavora più attivamente che in piena luce.
Immanuel
Kant
Quando
siamo bambini il buio ci fa paura, perché non riusciamo a
distinguere bene le cose intorno a noi. Nel silenzio della notte ogni
rumore sembra più forte. Nell’oscurità abbiamo spesso
l’impressione che ci sia una minaccia incombente. E fin quando non
torna la luce, quella sensazione di oppressione non ci abbandona.
Probabilmente
è una paura che viene da lontano, da quando eravamo bambini
e ci siamo sentiti abbandonati nel buio della notte. Ci siamo sentiti
indifesi davanti a un mondo che non conoscevamo. Così, da grandi,
quella paura torna a fare capolino, quando nella vita non vediamo
bene come stanno le cose, nelle situazioni di oscurità, quando nel
nostro cuore c’è la notte. Anche in quel caso ogni rumore, ogni
evento, sembra più grande, si ingigantisce nella sua gravità.
Abbiamo la sensazione di una minaccia incombente e non ci sentiamo al
sicuro.
L’antidoto
alla paura è guardare in faccia quello che ci spaventa.
Proprio perché il buio ingigantisce gli oggetti fantastici che ci
turbano, occorre trovare il coraggio di guardarli per ridimensionare
quello che ci fa paura, proprio come accade al popolo di Israele
mentre sta camminando nel deserto (Nm 21,6). La gente era talmente
stanca e sfiduciata che cominciava a concentrarsi sulle proprie
paure: la paura di non farcela a camminare, la paura di non trovare
cibo, la paura di morire di sete. Gli israeliti erano talmente
ossessionati da quelle paure che effettivamente le paure prendono
corpo, assumono la forma di serpenti velenosi.
Quando
nella nostra vita ci concentriamo sulle nostre paure, prima
o poi troveremo qualcosa che giustifica le nostre attese
catastrofiche. Come per il popolo d’Israele, così le nostre paure
ci uccidono: chi veniva morso dal serpente moriva, perché la paura
inietta il suo veleno nella nostra vita.
Per
allontanare i serpenti bisogna guardarli in faccia: Dio
ordina a Mosè di forgiare un serpente di rame e di metterlo sopra
un’asta affinché chi fosse stato morso dal serpente, guardasse
quell’immagine che rappresentava il male che lo aveva colpito.
Molto spesso solo aprendo gli occhi e guardando quello che ci sta
facendo male, possiamo trovare la forza di guarire.
Anche
Nicodemo è un uomo spaventato da quello che sta succedendo
non solo intorno a lui, ma anche dentro di lui. È uno che va da Gesù
di notte perché cerca la luce. È il bambino che reagisce, trova il
coraggio e scende dal letto per andare a chiedere aiuto, per sentirsi
rassicurato.
Nicodemo
è forse spaventato dal suo ruolo: Nicodemo è un fariseo,
uno che probabilmente è irrigidito nei suoi schemi. È uno che deve
difendere un’immagine. E forse le parole di Gesù lo hanno messo in
crisi. Forse ha paura di perdere le sue sicurezze. Sente il peso
della rigidità dell’immagine e del ruolo che cerca di difendere,
ma forse sente anche la paura di privarsi di quelle maschere.
Nicodemo
è uno che rilegge le cose sempre dal suo punto di vista.
Non riesce a mettersi dal punto di vista dell’altro. Non capisce il
senso delle parole di Gesù, perché non riesce a spogliarsi dei
significati che lui ha sempre dato alle cose.
In
fondo il cammino di Nicodemo nel Vangelo di Giovanni è un cammino di
liberazione da un’immagine irrigidita di sé: lo troveremo
alla fine del Vangelo tra coloro che vanno a prendere il corpo di
Gesù dopo la sua morte (Gv 19,39). Nicodemo non ha più bisogno di
nascondersi.
Il
viaggio di Nicodemo è il viaggio di ogni uomo: tutti
sperimentiamo situazioni di notte, in cui le ombre assumono forme
strane e minacciose. Tutti abbiamo paura di perdere le nostre
sicurezze, di abbandonare i nostri punti di vista, le certezze
granitiche che ci siamo costruiti. Ma a volte la realtà bussa alla
nostra porta e ci mette in crisi. Nicodemo non cerca di vincere da
solo le sue paure, ma cerca una luce. Si mette dietro quella luce e
cammina.
Come
gli israeliti dovevano guardare il serpente di rame elevato sull’asta
da Mosè, così Nicodemo deve guardare la croce che gli fa paura, per
scoprire che su quella croce non deve salirci lui, perché un altro
ha preso il suo posto.
La
croce è tutto quello che ci spaventa, è la morte, il
giudizio, l’abbandono e la solitudine. Gesù ci dice di guardare
bene quella croce che ci fa paura per scoprire che lui l’ha presa
su di sé al posto nostro. E così, solo guardando la croce, potremo
essere guariti.
Il vangelo in poche parole