Il brano di Vangelo che racconta l’episodio della trasfigurazione di
Gesù è incastonato tra gli annunci della Passione. Gesù sta iniziando a
dire ai discepoli che il suo cammino verso Gerusalemme si compirà con la
Pasqua e, subito dopo il primo di questi annunci, Gesù sale sul un alto
monte, che la tradizione identifica con il monte Tabor. Li avviene
l’episodio della trasfigurazione, che la Liturgia della Quaresima ci
ripropone ogni anno alla seconda domenica, dopo le tentazioni.
Possiamo rileggere anche la trasfigurazione come un annuncio.
Sul Tabor Gesù annuncia qual è il fine di ogni vita umana, qual è la
vocazione a cui l’uomo è chiamato: vivere una piena esperienza di
gloria, di pienezza, di relazione con Dio. Ogni uomo è chiamato a
diventare, con tutto se stesso, rivelazione del Padre, apertura piena a
Lui.
Scopriamo che tutto questo, abitualmente, non è visibile allo sguardo
umano: se guardiamo con gli occhi del nostro corpo, riusciamo a vedere
solo la nostra realtà caduca e mortale, incapace di eternità.
Se guardiamo con gli occhi della fede, invece, possiamo vedere la
visione a cui hanno assistito Pietro, Giovanni e Giacomo, quella per cui
già fin d’ora, prima di passare per la morte, la vita dell’uomo è
chiamata a vivere l’esperienza della risurrezione.
Il Vangelo ci dice come questo sia possibile.
Innanzitutto con la preghiera. Il riferimento alla preghiera è
esplicito all’inizio del brano (Lc 9,29), ma ritorna continuamente,
nascosto dentro tutto il testo, perché questo momento di luce è un
continuo dialogo, in cui ciascuno parla, ciascuno ascolta, ciascuno si
sente ascoltato. Gesù dialoga con il Padre, e lo fa mettendosi in
ascolto della Legge e dei Profeti nelle persone di Mosè e di Elia. I
discepoli ascoltano la Parola del Padre, che invita a non fare altro che
ad ascoltare la buona notizia del Figlio eletto in cammino verso
Gerusalemme, dove darà la vita per tutti.
La preghiera è questa apertura reciproca, fatta essenzialmente di
ascolto, e in cui ciascuno, ascoltandosi, accoglie la rivelazione del
proprio volto in relazione all’altro. L’umanità nuova è dunque
un’umanità in ascolto, in dialogo.
Ma cosa ascolta Gesù, qual è la Parola del Padre che, ascoltata, è
capace di trasfigurare l’esistenza, di portarla alla sua pienezza?
È quella che troviamo al versetto 35: “Questi è il Figlio mio,
l’eletto; ascoltatelo!”. Pregare è proprio imparare ad ascoltare, tra
tante voci, quella del Padre che vuole comunicarci la sua volontà di
sceglierci, di amarci e di averci come figli. Ascoltare è far risuonare
sempre più in profondità questa Parola, lasciare che plasmi la nostra
vita, la nostra percezione di noi stessi, le nostre relazioni.
Oltre all’ascolto e alla preghiera, i discepoli sono invitati ad
entrare in una nube (Lc 9,34), provano paura: hanno davanti a sé il
volto luminoso del Signore, che devono in qualche modo lasciare, per
entrare nell’oscurità di una nube dove tutti i contorni svaniscono, dove
si perde il controllo delle cose.
I discepoli, al momento della Passione del Signore, saranno
effettivamente chiamati ad entrare in questa nube, in questa oscurità.
Lo faranno come saranno capaci, e vivranno sulla loro pelle l’esperienza
del fallimento, dell’incredulità, della fuga.
La vita nuova non accadrà grazie alle loro forze, ma per la forza di
Colui che invece non ricuserà di entrare nelle tenebre della Passione e
ne uscirà vivo e vittorioso sulla morte, capace di donare a tutti la
vita in modo definitivo.
Ecco, la Pasqua, la vita nuova, non accade se non attraverso questa
fiducia, questa esperienza di abbandono in una Parola che dice l’amore
unilaterale e gratuito di Dio: e la Quaresima ci è data per arrenderci
all’evidenza di questo amore, l’unico che sa trasfigurare ogni esistenza
e liberarla dalle tenebre.
Il vangelo in poche parole