Nella sua predicazione, Giovanni il Battezzatore diceva: “Ogni albero che non dà buon frutto viene tagliato e gettato nel fuoco”. La gente, scossa da un tale annuncio, gli domanda, come abbiamo sentito all’inizio della lettura dell’Evangelo di oggi: “Che cosa dobbiamo fare?”.
Spesso nella nostra ricerca di essere
buoni cristiani ci poniamo anche noi, che talvolta siamo gente
complicata, questa domanda: “Che cosa devo fare?”. La risposta di Giovanni è, come abbiamo sentito, semplicissima: “Condividi in quello che hai e sii onesto in quello che fai”. Come dire: la rivoluzione! Siamo ancora lontani dal “Vendi quello che hai e dallo ai poveri” di Gesù. Ma siamo già nella rivoluzione, anche se in fondo ci viene detto soltanto: fa’ un po’ di giustizia. Tale “sollevazione” della giustizia potrebbe consistere:
1) nel riconoscere i bisogni attorno a te,
2) nel prendere atto di ciò che hai,
3) nell’operare di conseguenza secondo una logica di amore, cioè dando una parte; bada bene: (per ora) non tutto.
E poi nella tua professione c’è una
deontologia professionale da osservare: fallo! Condividere ed essere
onesti: come sarebbe diverso il mondo! A prescindere da Gesù!
Ma, c’è un passo in più. C’è anche la
Buona Notizia, il Vangelo, che è Gesù di Nazaret. Se guardiamo
onestamente quali sono i desideri della nostra anima, comprendiamo che
non ci basta sapere che cosa fare. Il cuore non può accontentarsi di
indicazioni di comportamento. Purtroppo può accadere che il
cristianesimo sia ridotto a una sorta di etica e all’osservanza formale
dei comandamenti. Gesù, invece, propone, offre e chiede molto di più. In
fondo e - forse - anche in superficie e, talvolta, in maniera
lacerante, il cuore è sempre in attesa di qualcuno!
Il tempo liturgico dell’Avvento educa,
appunto, ad aspettare qualcuno che viene. Di chi si tratta? Non di una
persona qualunque. Noi attendiamo – è una esigenza profonda dell’anima
umana - colui di cui parla la prima lettura, tratta dal libro del
profeta Sofonia, che scrive nel VII secolo a. C. (anche se, forse, le
righe che abbiamo letto sono state inserite posteriormente).
Riascoltiamo le sue parole che dicono chi l’uomo, magari
inconsapevolmente, sempre attende: “Il Signore tuo Dio è in mezzo a te… Gioirà per te, ti rinnoverà con il suo amore, esulterà per te con grida di gioia”.
Ecco questa è la Buona Notizia che
attendo: qualcuno esulta di gioia per me; qualcuno è capace di
rinnovarmi con il suo amore. Quante dimensioni della mia vita ne hanno
bisogno!
Gesù di Nazareth è esattamente questa
persona: l’Atteso dalle genti. E il Vangelo lo dice. Egli tocca me,
lebbroso, anche quando potrebbe guarirmi da lontano, ma ha capito che,
dopo anni e anni in cui nessuno mi toccava, di questo avevo soprattutto
bisogno.
Ciascuno di noi sperimenta il bisogno di
tenerezza. A volte vorremmo anche soltanto una carezza, un po’ di
considerazione. Ebbene: Gesù è colui che si auto-invita a casa mia, come
si fermò a casa di Zaccheo. Il Salvatore entrò nella casa di un capo
degli esattori delle tasse, di un collaboratore dell’invasore romano: lì
nessuno avrebbe voluto addentrarsi perché era una dimora frequentata
solo da pagani, e invece Gesù varca quella soglia, pur inimicandosi
tutti i benpensanti. Perché lo fa? Non c’è altro motivo che l’amore.
Ancora, Nostro Signore si mette in mezzo
tra me, adultera, e coloro che intendono lapidarmi. Ero giustamente
condannata alla lapidazione perché questo diceva la Legge e io lo sapevo
benissimo. Ma il Cristo mette in gioco la sua persona, senza avermi mai
conosciuta, senza chiedermi niente. Dopo poco cercheranno di lapidare
anche lui e alla fine, anche per aver salvato me, verrà messo su una
croce.
Dio si è fatto uomo. Un uomo così. Che
impegna la propria vita per promuovere la libertà di ogni uomo,
introducendolo in una relazione interpersonale d’amore con Dio, nel
quale finalmente poter riconoscere il vero proprio Padre, quel Padre da
cui ogni paternità trae nome, e così liberare da ogni ingiustizia le
relazioni tra le persone, fondando la fraternità con ogni uomo. Per
tutto questo non solo impegna la sua vita, ma arriva a offrirla su una
croce.
Se consideriamo questo modo di agire del
Figlio di Dio, possiamo capire perché San Paolo, nella seconda lettura
di oggi, scrivendo ai cristiani di Filippi li esorti alla gioia,
offrendoci così il nome con cui poi è stata definita questa domenica,
riprendendo l’Antifona d’ingresso: “Laetare”, ossia “Siate lieti”.
L’Apostolo ribadisce: “Siate sempre lieti nel Signore, ve lo ripeto: siate lieti!”.
Lo fa perché egli, per esperienza personale, sa molto bene dove si
fonda il motivo di questa letizia, di questa gioia. Certamente non nel
fatto che le cose, come si dice, vadano bene. Non nella speranza e tanto
meno nella certezza che domani andranno meglio. Perché forse andranno
peggio. Ma esattamente nel Signore. È Dio, che si rivela in Cristo, il
fondamento della nostra gioia. Siate lieti nel Signore. E il Signore è
quell’uomo, Gesù di Nazareth, che il Vangelo ci offre, colui nel quale,
il giorno di Natale, ha cominciato a manifestarsi a noi la pienezza
della divinità, cioè dell’Amore. Grazie a lui, al suo amore per ciascuno
di noi, al dono della sua vita ‘per me’ (come ha detto San Paolo), possiamo gioire e possiamo essere lieti.
Il vangelo in poche parole