È il momento di svolta del terzo Vangelo. Già in due occasioni Gesù
aveva annunciato la propria passione (cf. Lc 9,22; 9,43-45); mentre sul
monte della trasfigurazione con Mosè ed Elia aveva parlato del suo
«esodo», che stava per compiersi a Gerusalemme (cf. Lc 9,31). Ora è
giunto il momento di mettere in pratica quanto è stato detto; il cammino
è arduo, per percorrerlo occorre rendere duro il proprio volto (to prosopou esterisen autou) (Lc 9,51). Da questo momento in poi Gesù si identifica sempre più con la figura del «Servo del Signore»,
di cui parla il rotolo di Isaia. È il Servo a rendere duro come pietra
il proprio volto al fine di non restare deluso e di resistere agli
insulti e agli sputi (cf. Is 50,7; la resa dell’attuale traduzione CEI
«prese la ferma decisione» impedisce di cogliere il riferimento al
fondamentale sottotesto profetico).
Per indicare quanto sarebbe successo a Gerusalemme, Luca abbandona il
termine «esodo» e ricorre all’espressione che parla dei giorni in cui
Gesù «sarebbe stato elevato in alto (alla lettera “assunzione”, analempsis)» (Lc 9,51). Situata in questo contesto, sembra che qui sia contenuta un’allusione a Elia.
L’antico profeta, alla fine dei suoi giorni terreni, fu infatti rapito
in cielo su un carro di fuoco (cf. 2Re 2,11; pensando all’altro
«interlocutore» si può aggiungere che l’Assunzione di Mosè è un
apocrifo citato dalla Lettera di Giuda, 8). La vicinanza con chi aveva
parlato con lui sul monte in realtà è solo apparente; lo è perché prima di «essere portato in cielo» (Lc 24,51) Gesù va incontro alla croce.
Dopo essere stato in colloquio con Elia, Gesù è come se prendesse le
distanze da quel profeta. Trascritto in termini umani si è indotti ad
affermare che ci sono circostanze in cui qualcuno ci sorregge e ci
prepara alla prova, tuttavia quando giunge il tempo di quest’ultima in
definitiva si è sempre soli. Per questo il volto di Gesù, che sul monte
si era trasfigurato (alla lettera «l’aspetto del volto di lui [diventò]
altro»), ora si fa duro come pietra.
Il Secondo libro dei Re inizia con uno scontro a distanza tra il re
Acazia ed Elia, che aveva profetizzato al sovrano una morte sicura. Per
due volte è inviato un manipolo di 50 uomini per ricondurre il profeta
dal re; per due volte Elia fece scendere il fuoco dal cielo per
annientarli. Solo nella terza occasione il comandante supplicò di essere
risparmiato assieme ai suoi uomini e così avvenne. Per Acazia però non
ci fu scampo (cf. 2Re 1). Giacomo e Giovanni erano stati sul monte,
avevano visto Elia. La loro richiesta di far scendere il fuoco sul
villaggio samaritano che aveva rifiutato di accogliere Gesù e i
discepoli richiama quell’antico episodio. Se il Signore si era
trattenuto con Elia doveva comportarsi come il profeta; i due discepoli
si erano dimenticati che Gesù aveva parlato del suo «esodo» che doveva compiersi in Gerusalemme. Perciò Gesù li rimprovera (Lc 9,54-56).
La durezza contro gli altri scompare; quella rivolta
a sé stessi e a coloro che vogliono seguire Gesù invece aumenta. «Un
altro disse: “Ti seguirò Gesù, ma prima lascia che io mi congedi da
quelli di casa mia”. Ma Gesù gli rispose: “Nessuno che mette mano
all’aratro e poi si volge indietro è adatto per il regno di Dio”» (Lc
9,61-62). La chiamata di Eliseo a discepolo di Elia (ricordata nella
prima lettura odierna) ha un andamento opposto; in essa il congedo dalla
propria famiglia è addirittura il presupposto stesso della sequela.
Eliseo deve abbandonare l’aratro (reale; 1Re 19,19-21), di contro quello
simbolico del discepolo di Gesù va tenuto ben stretto. Per un altro
chiamato alla sequela il taglio è netto persino nei
confronti del gesto di pietà ultimo di seppellire il proprio padre (cf.
Lc 9,59-60). Luca indica tre embrionali sequele, c’è chi si offre e c’è
chi è chiamato; tutti i tre casi restano in sospeso. In nessuno di essi
si dice esplicitamente che i tre uomini non seguirono Gesù; eppure tutto
lascia ritenere che le cose andarono proprio così. Dalla bocca di Gesù
escono parole non meno dure dei tratti assunti dal suo volto. Quando giunge il tempo della prova più autentica, si è sempre soli.
Il vangelo in poche parole