Molto scalpore su tutti i media per le severe parole di Papa
Francesco nella prima udienza generale del nuovo anno: «Le persone che
vanno in chiesa, stanno lì tutti i giorni e poi vivono odiando gli altri
e parlando male della gente sono uno scandalo: meglio vivere come un
ateo anziché dare una contro-testimonianza dell'essere cristiani». Molto
scalpore perché i media, non riportando (come consuetudine imperante)
le parole esatte, hanno sintetizzate (scioccamente o malignamente) il
messaggio in: "meglio atei che cristiani",
ringalluzzendo coloro che ritengono che essere cristiani serva soltanto a
creare ipocriti baciapile, e quelli che non perdono nessuna occasione
per rinfacciarci l'incoerenza tra la fede e la vita: "E poi ci vai in
chiesa!"; "E poi ci fai il prete!". Le reazioni polemiche c'era da
aspettarsele. Sorprendenti invece i brontolii e i malumori di coloro che
ritengono papa Francesco troppo insistente e imprudente nel denunciare i
difetti dei cristiani, aggiungendo argomenti a coloro che ce l'hanno
con la Chiesa e con chi la frequenta.
Reazioni maligne e malumori devoti devono, comunque, ugualmente
stimolarci a prendere sul serio la festa del Battesimo di Gesù, che papa
Francesco, sulla scia dei suoi ultimi predecessori, celebrerà in modo
solenne, conferendo il battesimo a persone di diverse età, nazione e
condizione. Prendere sul serio significa verificare con umiltà e schiettezza quanto l'essere battezzati "in Spirito Santo e fuoco" traspare nella nostra vita quotidiana.
Questa è una verifica che i cristiani da sempre sono stati chiamati a
fare, e sempre devono continuare a fare. I "malmostosi" con papa
Francesco ricordino quello che scriveva il terzo successore di san
Pietro al vescovo di Antiochia, nei primi anni del cristianesimo:
«Alcuni uomini, con inganno maligno, sogliono portare ovunque il nome
(cristiano), pur compiendo azioni indegne di Dio: costoro li dovete
scansare come bestie feroci. È meglio essere cristiano senza dirlo, che proclamarlo senza esserlo». Altro che papa Francesco!
Dobbiamo, perciò, essere grati non soltanto al papa per i suoi
continui richiami all'importanza del battesimo (l'anno scorso esortò a
festeggiare il giorno del battesimo "giorno della rinascita", come "secondo compleanno",)
ma anche ai "maligni" che ci sbattono in faccia il loro: "e poi vai a
Messa", perché sono uno stimolo a tirare fuori il nostro battesimo dai
registri parrocchiali, e a portarlo dentro la vita quotidiana come "fuoco e presenza dello Spirito Santo".
Se "lo Spirito Santo e fuoco" non sarà caldo come dovrebbe essere («Il
Vangelo non ci lascia quieti: ci spinge, ci sprona: è rivoluzionario»,
afferma il Papa), ciò che manca dobbiamo chiederlo umilmente e
incessantemente con la preghiera. Nel suo battesimo al Giordano, Gesù
riceve il beneplacito del Padre: «Tu sei il Figlio mio, l'amato: in te ho posto il mio compiacimento»,
mentre sta in preghiera. Che bisogno aveva lui di pregare? Eppure
l'evangelista Luca ce lo racconta spesso in preghiera prima di
cominciare le sue giornate, e in modo particolare prima delle prove
decisive, come quella dell'Orto degli Ulivi.
Attenzione, però, a non continuare a pensare (e a fare!) che il dovere dei battezzati sia pregare e partecipare alla Messa. No! La preghiera e la Messa sono i mezzi necessari per riuscire a dare al battesimo la capacità di testimoniare Gesù nella vita,
cioè «a rinnegare l'empietà e i desideri mondani e a vivere in questo
mondo con sobrietà, con giustizia e con pietà, nell'attesa della beata
speranza e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e
salvatore Gesù Cristo».