Il cammino di Gesù verso Gerusalemme, che volge ormai alla fine, è stato costellato di incontri con le persone più diverse.
Anche il Vangelo di oggi (Lc 19,1-10) racconta un incontro, che è
l’ultimo di questa serie: Gesù si trova ormai a Gerico, ultima tappa
prima della salita alla Città Santa, e mentre attraversa la città
avviene l’incontro con Zaccheo.
Ci può aiutare, per cogliere qualcosa di questo incontro, leggerlo in
filigrana con un altro incontro che Gesù ha vissuto, avvenuto poco
prima. È quello con il notabile ricco, che troviamo al capitolo 18,
18-23.
I due incontri hanno molti punti in comune.
In entrambi i casi si tratta di una persona benestante: il notabile
era molto ricco (Lc 18,23), mentre Zaccheo era addirittura “capo dei
pubblicani e ricco” (Lc 19, 2).
In entrambi i casi c’è una domanda, un desiderio, una ricerca: il
notabile interroga Gesù sul tema della vita eterna (Lc 18,18), mentre
Zaccheo si arrampica su un albero per cercare di vederlo (Lc 19,3.4)
In entrambi i casi è riportata un loro sentimento, che, questa volta,
è opposto: il notabile diventa “assai triste” (Lc 18,23), mentre
Zaccheo è “pieno di gioia” (Lc 19,5).
Perché? Cos’è successo a Zaccheo che invece il notabile ricco non ha sperimentato?
La differenza sta nel fatto che Zaccheo fa l’esperienza di essere cercato.
Prima fa di tutto per vedere Gesù: corre avanti e, siccome è piccolo,
sale su un sicomoro (Lc 19, 4). Ma non è questo che gli dà gioia. La
gioia nasce quando scopre che quel maestro che lui desidera vedere sta
cercando di vedere lui. Anzi, molto di più: non desidera solo vederlo,
ma andare con lui, a casa sua (Lc 19,5).
Gesù cerca Zaccheo in tre modi, che sono tutti racchiusi nel versetto 5.
Innanzitutto lo guarda, e quindi lo considera, lo accoglie
nel proprio sguardo. Gesù non passa oltre senza fermarsi per dare
attenzione a questo uomo che era guardato male da molti.
Poi gli parla. Qualche versetto dopo, tutti presenti
parleranno di lui, ma non con lui. Zaccheo era un uomo a cui non era
facile rivolgere la parola, un uomo tenuto a distanza. Gesù invece si
rivolge direttamente a lui, superando ogni steccato. Gli rivolge la
parola e mostra di conoscerlo, lo chiama per nome.
Se per gli altri è un peccatore (Lc 19,7), per Gesù è Zaccheo, ed è
figlio di Abramo (Lc 19, 9) ovvero erede di una promessa che è per
grazia.
Infine entra nella sua casa, ovvero condivide la sua vita, crea intimità, gli diventa amico.
Ebbene, senza questa esperienza di essere cercati, la vita di fede si
riduce ad uno sforzo solitario e sterile, che genera quella tristezza
che abbiamo visto nel notabile ricco, per il quale lasciare le proprie
ricchezze è solo un dovere a cui obbedire di malavoglia per sentirsi a
posto.
Non così per Zaccheo, in cui non c’è alcun moralismo.
Gesù non gli chiede di smettere di rubare, di distribuire i suoi beni
ai poveri; il cambiamento di vita è il desiderio, l’urgenza che nascono
spontaneamente in Zaccheo nel momento in cui si sente visto,
conosciuto, chiamato, ritenuto degno di accogliere il dono della
presenza di Gesù, che gli si offre gratuitamente.
E per questo è fatto con gioia e genera gioia.
È questa esperienza di gioia e di intimità con il Signore, in una
parola di salvezza, che produrrà in Zaccheo il desiderio di cambiamento
di vita: “«Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e,
se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto». Gesù gli
rispose: «Oggi per questa casa è venuta la salvezza»” (Lc 19, 8-9).
Il vangelo in poche parole