Siate pronti, tenetevi pronti: un invito che sale dal profondo della
vita, perché vivere è attendere. La vita è attesa: di una persona da
amare, di un dolore da superare, di un figlio da abbracciare, di un
mondo migliore, della luce infinita che possa illuminare le tue paure e
le tue ombre. Attesa di Dio. «E verrà, se insisto\ a sperare, non
visto…\Verrà,\ già viene\ il suo bisbiglio» (C. Rebora). Le cose più
importanti non vanno cercate, ma attese (S. Weil). Lo stesso Dio «sitit
sitiri», dicevano i Padri, Dio ha sete che abbiamo sete di lui, desidera
essere desiderato, ha desiderio del nostro desiderio. Ed è quello che
mostrano i servi della parabola, che fanno molto di più di ciò che era
loro richiesto. Restare svegli fino all'alba, con le vesti già strette
ai fianchi, con le lampade sempre accese, è un di più che ha il potere
di incantare il padrone al suo arrivo. Quello dei servi è un
atteggiamento non dettato né da dovere né da paura, essi attendono così
intensamente qualcuno che è desiderato, come fa l'amata nel Cantico dei
Cantici: «dormo, ma il mio cuore veglia» (5,2). E se tornando il padrone
li troverà svegli, beati quei servi. In verità vi dico – quando Gesù
usa questi termini intende risvegliare la nostra attenzione su qualcosa
di importante – li farà mettere a tavola e passerà a servirli. È il
capovolgimento dell'idea di padrone: il punto commovente, sublime di
questo racconto, il momento straordinario, quando accade l'impensabile:
il Signore si mette a fare il servo! Dio viene e si pone a servizio
della felicità dei suoi, della loro pienezza di vita! Gesù ribadisce,
perché si imprima bene, l'atteggiamento sorprendente del Signore: si
stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a
servirli. È l'immagine clamorosa, che solo Gesù ha osato, di Dio nostro
servitore; quel volto che solo lui ha rivelato e incarnato nell'ultima
sera, cingendo un asciugamano, prendendo fra le sue mani i piedi dei
discepoli, facendo suo il ruolo proprio dello schiavo o della donna. La
fortuna dei servi della parabola, la loro beatitudine – ribadita due
volte – non deriva dall'aver resistito tutta la notte, non è frutto
della loro fedeltà o bravura. La fortuna nostra, di noi servi
inaffidabili, consiste nel fatto di avere un padrone così, pieno di
fiducia verso di noi, che non nutre sospetti, cuore luminoso, che ci
affida la casa, le chiavi, le persone. La fiducia del mio Signore mi
conquista, mi commuove, ad essa rispondo. La nostra grazia sta nel
miracolo di un Dio che ha fede nell'uomo. Io crederò in lui, perché lui
crede in me. Sarà il solo Signore che io servirò perché è l'unico che si
è fatto mio servitore.
Il vangelo in poche parole