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La Parola è la mia casa: “Non ti dico fino a 7 volte,  ma fino a 70 volte 7” (XXIV TO anno A)

La Parola è la mia casa: “Non ti dico fino a 7 volte, ma fino a 70 volte 7” (XXIV TO anno A)

I testi della liturgia di domenica 17 settembre 2017 da www.chiesacattolica.it


Il commento alle letture
(da www.studibiblici.it)

"NON TI DICO FINO A SETTE VOLTE, MA FINO A SETTANTA VOLTE SETTE"
di p. Alberto Maggi


Matteo è l’evangelista che più degli altri dedica attenzione al tema del perdono. Per questo al capitolo 18 presenta Gesù che indica la necessità del confronto con il fratello che ha peccato, che ha commesso una colpa e la necessità di ricomporre il dissidio all’interno della comunità. Qualora questo fratello rifiutasse di ricomporre questa unità deve essere amato come un pubblicano o un peccatore cioè, un amore in perdita come l’amore al nemico.

Pietro reagisce a questo insegnamento di Gesù, si avvicina e gli chiede: «Signore, se il mio fratello...», quindi si tratta della tematica del perdono all’interno della comunità, « … pecca contro di me, quante volte dovrò perdonargli?». La legislazione rabbinica concedeva un massimo di tre volte per il perdono. Ebbene Pietro pensa di esagerare, raddoppia, e dice: «Fino a sete volte?». Quindi Pietro vuole sapere delle regole precise, vuole sapere il limite del perdono. Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette». Gesù nella sua risposta si richiama ad una famosa espressione contenuta nel libro della Genesi da parte di uno dei discendenti di Caino, un uomo molto bellicoso, Lamek, che si vantava di aver ucciso un uomo per una sola scalfitura. Ebbene Lamek diceva: «Sette volte sarà vendicato Caino ma Lamek» cioè, lui stesso «settantasette», quindi una vendetta illimitata. E l’espressione di Lamek si rifaceva alla promessa di Jahvè, del Signore, che ha detto che chiunque avesse ucciso Caino avrebbe subito la vendetta sette volte. Il richiamo, attraverso queste allusioni al primo fratricidio della Bibbia, e il fatto che l’insegnamento è rivolto alla comunità dei discepoli, dove questi tra di loro sono fratelli, fa comprendere – ed è, questo il messaggio che l’evangelista ci vuol trasmettere – che la mancanza di perdono conduce alla morte i componenti della comunità. E’ bene specificare quindi che Gesù con l’espressione “settanta volte sette” non sta indicando solo la quantità del perdono (illimitato) ma la sua qualità (incondizionato).

E poi Gesù presenta una parabola molto eloquente. Il regno dei cieli, cioè questa nuova realtà che lui è venuto a proporre, è simile a un re che è venuto a regolare i conti con i suoi servi. E’ il re che prende l’iniziativa e vediamo che lui intende condonare, cancellare i conti. Col termine “servo” in oriente viene definito qualunque dipendente del re. Qui si tratta in realtà di alti funzionari, si vede dalle somme che gestiscono.


Aveva cominciato a regolare i conti, quando gli fu presentato un tale che gli doveva diecimila talenti”, una cifra spropositata, una cifra assurda. Infatti un talento equivaleva tra i 26 e i 36 Kg di oro, ebbene diecimila talenti sono circa 300.000 Kg di oro, quindi una cifra incalcolabile, impossibile da restituire. Infatti, “poiché costui non era in grado di restituire, il padrone ordinò ...”, non è una cattiveria, ma era il diritto dell’epoca, “... che fosse venduto lui, con la moglie, i figli e quanto possedeva, e così saldasse il debito”. Quindi il re prende l’iniziativa, vede che costui non ha da restituirgli il debito e si rivolge alla prassi normale, quella che è la giustizia. Questo servo supplica il suo re e gli dice: «Abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa». Impossibile! Sa che non è possibile restituire ogni cosa perché dal calcolo che si fa ci sarebbero voluti più di 164.000 anni di lavoro per accumulare una cifra del genere. Quindi il servo sa che non può restituire, però chiede al signore di avere pazienza. Ebbene “il padrone ebbe compassione di quel servo”. Questo verbo usato per Dio nell’Antico Testamento e per Gesù nel Nuovo Testamento indica un’azione di misericordia viscerale da parte di Dio per i suoi figli e di Gesù per i suoi fratelli. “Lo lasciò andare e gli condonò il debito”, cioè, cancellò il debito.

Ebbene, “Appena uscito, quel servo trovò uno dei suoi compagni che gli doveva cento denari”, una cifra irrisoria. Il denaro era la paga giornaliera di un operaio, quindi cento denari sono circa tre mesi di lavoro, una cifra che è possibile restituire. Ebbene, questo funzionario, che aveva visto condonato l’equivalente della bellezza di 300.000 Kg d’oro, per un valore di circa 164.000 di lavoro,

Lo prese per il collo e lo soffocava”. Lui, che ha avuto restituita la vita dal suo signore, la toglie all’altro e gli chiede di restituire quello che gli deve. Ebbene questo suo compagno si rivolge a lui esattamente come questo funzionario si era rivolto al re: «Abbi pazienza con me e ti restituirò». E in questo caso è possibile restituire. “Ma egli non volle, andò e lo fece gettare in prigione”. Anziché la misericordia che gli era stata usata lui usa la giustizia.


Visto quello che accadeva i compagni furono molto dispiaciuti e andarono a riferire al padrone tutto l’accaduto. Allora il padrone fece chiamare quell’uomo e gli disse: «Servo maligno … ». E’ importante questo termine perché è lo stesso che si ritrova al termine del Padre Nostro, quando Gesù invita a chiedere “liberaci dal maligno”. Il maligno è colui che è incapace di perdonare. E chi è incapace di perdonare semina la morte all’interno della comunità. «Servo maligno, ti ho condonato tutto quel debito perché tu mi hai pregato. Non dovevi anche tu avere pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te? Sdegnato, il padrone lo diede in mano gli aguzzini finché non avesse restituito tutto il dovuto», cioè, per sempre. Perché, come abbiamo calcolato, ci volevano circa 164.000 anni di lavoro, quindi non sarà mai in grado di restituire e va in mano agli aguzzini per sempre. E Gesù aggiunge: «Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non condonerete» – non è perdonare ma condonare, l’iniziativa è del creditore – «di cuore, ciascuno al proprio fratello». Cosa significa il cuore? E’ frutto della nuova mentalità dove non prevale più la giustizia ma la misericordia. Richiamandosi a quanto Gesù aveva detto in precedenza sul legare e sciogliere, il significato è questo: il perdono del Padre verso gli uomini rimane legato finché non si scioglie il perdono ai fratelli. Dio ci ha già perdonato, ma questo perdono diventa operativo ed efficace soltanto quando si trasforma in perdono nei confronti degli altri.


Il vangelo in poche parole


«
Niente ci rende tanto simili a Dio quanto l'essere sempre disposti a perdonare».  Giovanni Crisostomo

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Piero Stefani: www.ilregno.it (testo)
Enzo Bianchi: www.monasterodibose.it (testo)
p. Ermes Ronchi: www.avvenire.it (testo)
p. Alberto Maggi: www.studibiblici.it (testo; video)
don Claudio Doglio: dondoglio.wordpress.com (video; audio)
don Claudio Doglio: www.symbolon.net (testo)
p. Gaetano Piccolo: cajetanusparvus.com (testo)
Acli.it: vivere la domenica (testo)
sr. Mariangela Tassielli: cantalavita.com (testo)
Ileana Mortari (teologa): www.chiediloallateologa.it (testo)
Wilma Chasseur (teologa ed eremita): www.incamminocongesu.org/ (testo)
don Enzo Pacini (cappellano del carcere di Prato): www.toscanaoggi.it (testo)
Paolo Curtaz: www.tiraccontolaparola.it (testo, audio, video)
don Tonino Lasconi: www.paoline.it (testo)
Evangeli.net: Commento e breve spiegazione teologica in meno di 450 parole (testo)

Per chi vuole qualcosa di più: Lectio divina e meditazioni

Carmelitani: Lectio divina quotidiana(testo)
Combonianum.org: Lectio divina (testo)
Centro apostolato biblico: www.centroapostolatobiblico.it (testo)

16/09/2017 Categoria: Torna all'elenco