"Capisci ciò che leggi?" - Lettura continua del Vangelo di Marco: Mc 4,1-20
Fino
a questo punto l’insegnamento di Gesù si era reso visibile nel suo
agire: insegnava con i fatti. Ora esprime la sua dottrina in
parabole, cioè con degli esempi, con dei paragoni illustrativi.
Le
parabole evangeliche non nascono semplicemente da un’esigenza
didattica preoccupata della chiarezza e della vivacità. Nascono da
un’esigenza teologica, dal fatto che non possiamo parlare
direttamente del regno di Dio che è oltre le nostre esperienze, ma
solo in parabole, indirettamente, mediante paragoni presi dalla vita
quotidiana.
La
parabola del seminatore inizia e termina con il comandamento
dell’ascolto: «Ascoltate!», «Chi ha orecchi per ascoltare,
ascolti».
La
parola di Gesù è il seme immortale che ci rigenera: «Siete stati
rigenerati non da un seme corruttibile, ma immortale, cioè dalla
parola di Dio viva ed eterna» (1Pt 1,23). Il regno di Dio è
paragonato costantemente al seme, la cui forza vitale è attiva
proprio nella morte. La morte non distrugge il seme, ma anzi è la
condizione perché germini e si manifesti in tutta la sua potenza, a
differenza di tutte le altre cose che marciscono e finiscono.
L’oggetto
dell’insegnamento di Gesù è la sua stessa vita, spiegata con
similitudini. Queste parabole, mentre illustrano la storia di Gesù,
ci danno anche il criterio di discernimento per essere tra i suoi e
appartenere al suo regno. Non dobbiamo cercare il successo (vv. 3–9),
la fama e la rilevanza (vv. 21–25), il protagonismo e la grandezza
(vv. 26–32).
L’opera
di Dio passa attraverso le difficoltà, il fallimento, il
nascondimento, l’irrilevanza, l’attesa paziente e la piccolezza.
Queste sono le qualità del seme da cui nasce l’albero del Regno.
Esso è come un chicco, che porta frutto abbondante non «nonostante»
la morte, ma proprio perché muore (cf. Gv 12,24).
Sono
parabole di speranza contro ogni speranza, di una fede che sa che la
parola di Dio è un seme che produce sempre il frutto e l’effetto
per cui è mandata (cf. Is 55,11). Le resistenze che incontra,
rappresentate dai vari tipi di terreno, fanno parte del progetto di
Dio.
Gesù
è il seminatore, il seme e il raccolto, perché chi l’ascolta si
identifica con lui.
Il
risultato di questa semina sembra disastroso. Sembra che la parola di
Gesù non riesca a entrare nel cuore dell’uomo; e, se entra, non
mette radici; e, se mette radici, è soffocata. Eppure lui va avanti
nella sua semina. «Egli disse loro: Andiamocene altrove per i
villaggi vicini, perché io predichi anche là; per questo infatti
sono venuto» (Mc 1,38).
Noi
oggi vediamo quanto Gesù abbia avuto ragione. Il suo seme è
germinato in tutto il mondo.
Gesù
è la parola di Dio seminata in noi. Il mistero del regno di Dio
nella storia è quello del seme, che rivive in noi la sua stessa
vicenda di allora.