"Capisci ciò che leggi?" - Lettura continua del Vangelo di Marco: Mc 15,42-47
Mc 15,42 Venuta ormai la sera, poiché era la Parasceve, cioè la vigilia del sabato,
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Giuseppe
d'Arimatea, membro autorevole del sinedrio, che aspettava anch'egli il
regno di Dio, con coraggio andò da Pilato e chiese il corpo di Gesù.
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Pilato si meravigliò che fosse già morto e, chiamato il centurione, gli domandò se era morto da tempo.
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Informato dal centurione, concesse la salma a Giuseppe.
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Egli allora,
comprato un lenzuolo, lo depose dalla croce, lo avvolse con il lenzuolo e
lo mise in un sepolcro scavato nella roccia. Poi fece rotolare una
pietra all'entrata del sepolcro.
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Maria di Màgdala e Maria madre di Ioses stavano a osservare dove veniva posto.
Due
di queste tre donne, Maria di Magdala e Maria madre di Ioses, sono le
testimoni del luogo in cui, grazie all’intervento di Giuseppe di
Arimatea, il corpo di Gesù viene deposto. Giuseppe di Arimatea è un
membro ragguardevole del sinedrio, un credente che aspetta il regno
di Dio. Qui non si dice che sia un discepolo (cf. invece Mt 27,57).
La sua posizione gli permette l’audacia di chiedere a Pilato il
corpo di Gesù, per dargli una sepoltura decorosa prima che, alla
fine del giorno, cominci il sabato. I discepoli sono assenti e le
donne che conoscono Gesù non hanno alcuna parte attiva nella
sepoltura: esse guardano.
Il
sepolcro di Gesù racchiude la realtà di ogni promessa: contiene
quel seme che, gettato sotto terra, diviene il grande albero del
Regno (4,26). Adoriamo nel sepolcro l’umiltà del Signore. Egli è
in tutto simile all’uomo. È humus, umiltà essenziale. Tratto
dalla terra, ad essa è destinato. Gesù, secondo la tradizione,
nasce in una grotta e in una grotta conclude la sua vita terrena.
Dopo aver trovato l’uomo sulla croce, ora Gesù scende con lui
negli inferi.
La
sua discesa agli inferi è il mistero più grande della fede, limite
ultimo possibile della kenosis, dello svuotamento, dell’abbassamento
di Dio. Rivela un Dio–Amore solidale con noi in tutto, fino a
diventare ciò che nessuno vuol essere e ognuno diventa: il niente di
sé.
Nel
sepolcro finalmente incontra tutti, nessuno escluso. È il luogo di
convegno universale. Il passato è tutto lì nel sepolcro. Negli
inferi tutti si riuniscono, stolti e sapienti, ugualmente sconfitti e
vinti. Lì la morte regna sovrana sull’uomo e la sua storia. Lì
Gesù annuncia il vangelo (1Pt 3,19). La buona notizia è proprio il
fatto che lui sia lì. Il Signore sta con noi nella valle oscura (Sal
23,4). Egli non ci libera dalla morte, ma nella morte.
Per
garantirmi di questo mi dà il segno più sicuro: si è fatto
solidale col mio sepolcro, perché io non possa più dubitare che lui
sia con me, ovunque mi trovi, anche nella maledizione estrema. La
contemplazione del sepolcro di Gesù ci deve progressivamente
liberare dal terrore della morte. Ora sappiamo che dietro la pietra
del sepolcro c’è il Signore che ci ama e che noi amiamo.
Essere
battezzato significa accettare la mia vita e la mia morte,
rispettivamente, come dono di Dio e abbandono in lui. Questo è
l’atto di fede che mi guarisce dalla sfiducia, radice di ogni male.
Liberato dalla paura del futuro, posso finalmente vivere con gioia il
presente, godendo di ogni dono, senza l’affanno di possederlo nel
timore che sfugga. So che la parola ultima non è la morte, ma la
vita piena di tutto ciò che ora possiedo solo parzialmente.