Gruppo missionario

La missionarietà è una delle caratteristiche fondanti della Chiesa. Non c’è Chiesa se non c’è la voglia di testimoniare il vangelo e di annunciarlo con le opere, le parole, la vita, l’esempio. La vita di ogni comunità cristiana poggia infatti sui tre pilastri dell’annuncio della Parola di Dio (catechesi), della liturgia (celebrazione) e della testimonianza della carità (servizio).

Oltre alle diverse iniziative singole a sostegno di missionari o altre proposte occasionali (vedi adozioni a distanza, negozi equosolidali, stampa missionaria, ecc.), anche nella nostra Valle si è costituito un gruppo di persone che ha come scopo di tenere viva nelle parrocchie l’attenzione verso la missionarietà e l'apertura della comunità cristiana e, in qualche circostanza, organizzare anche qualche raccolta di soldi o di altri beni a sostegno delle opere missionarie.

Per saperne di più, puoi consultare il sito www.centromissionariocomo.it oppure, per uno sguardo nazionale, vai su: www.chiesacattolica.it, alla voce “missio” .

Avvisi

Lettera da Bucarest:

Lettera da Bucarest: "Quanto è difficile scrivere Buona Resurrezione!"

Da www.settimanalediocesidicomo.it pubblichiamo una lettera da Bucarest di don Federico Pedrana, missionario fidei donum in Romania con l'associazione Papa Giovanni XXIII. Quest'autunno alcuni dei ragazzi della Valmalenco erano andati da lui e conosciuto la sua missione in occasione della giornata mondiale dei poveri e per l'Immacolata c'erano state in valle alcune iniziative a favore dei progetti curati da don Federico e dai suoi volontari.

Sono in modo particolare tre i “quadri” che mi porto dentro di questa Quaresima (tempo che prepara alla Pasqua) romena. Tre situazioni le quali pian piano mi conducono a Gesù che muore e risorge per noi.

Il primo quadro è tetro, buio e drammatico. Non lascia voce alla speranza! Ogni domenica pomeriggio andiamo dalle suore di Madre Teresa di Calcutta dove nel loro monastero arrivano una trentina di ragazzini e assieme facciamo delle attività: dal dipingere, al colorare, al costruire qualcosa…

Qualche settimana fa le suore ci hanno raccontato di una ragazzina tredicenne che quella domenica non c’era e non ci sarebbe più stata perché alcune notti prima si è incendiata la baraccca dove viveva con la famiglia e lei non si è salvata, è morta carbonizzata. Era giovane, ma già molto triste. Non accettava che il babbo se ne fosse andato e la madre si fosse accompagnata con un altro uomo.

“Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato” (Mt.27,46). Perché l’ hai abbandonata in quella baracca e non hai permesso che si liberasse dalle fiamme divoranti del fuoco? Perché hai permesso che suo fratello, la mamma e il patrigno si salvassero e lei no? Qualche settimana fa siamo stati in un campo in aperta campagna, lontani dai rumori della città, dove tutto tace e l’unico suono è lo schiamazzo di qualche bimbo che vive nelle baracche di questo luogo isolato da tutto e da tutti. Anche il sole tiepido della primavera a stento scalda quell’ambiente. Un vuoto, una solitudine impenetrabili… nemmeno i nostri canti e balli hanno saputo riscaldare quei bambini. Parole, gesti e danze al vento…

Tornando nella realtà, i frati che ci avevano mandati nelle baracche, ci hanno raccontato che lì un ragazzino molto giovane viene picchiato abitualmente dal padre con il frustino che usa per il cavallo. “Allora Pilato fece prendere Gesù e lo fece flagellare.” (Gv.19,1) Quanto è mai attuale la tua croce o Signore? Quanto la tocco e la percepisco nelle mie mani? Quanto le mie mani possono essere sporche del sangue di quei flagelli o quanto me le posso lavare come ha fatto Pilato?

L’ultimo quadro. Qualche notte fa eravamo già sul pulmino, stanchi morti dopo una lunga giornata, con l’unico desiderio di andare a dormire. Avevamo appena finito l’incontro con i senza dimora alla stazione, abbiamo percorso i primi duecento metri e sul marciapiede c’erano una decina di ragazzi adolescenti che sniffavano la “punga” (droga). Ragazzini di strada, senza famiglia, senza nessuno. Soli. … non ci siamo fermati… eravamo stanchi. “E disse loro: “La mia anima è triste fino alla morte; restate qui e vegliate con me. Poi venne dai discepoli e li trovò addormentati. E disse a Pietro: “Così, non siete stati capaci di vegliare con me una sola ora?” (Mt. 26,38-40). No, non abbiamo vegliato con te, i nostri occhi si sono chiusi. Non siamo riusciti a vegliare, a starti vicino. Perché il mio io, il mio egoismo, la mia stanchezza ha ancora il sopravvento? Perché Tu, nel volto del povero, non sei ancora al primo posto? Fino a qui siamo arrivati! Mi son sentito Giuda, Pietro, complice di chi ti ha messo in croce.

Qualche volta ho tentato, ma con grande tremore e paura, di essere il Cireneo, la Veronica… fino qui Signore ti ho visto, ti ho sentito, ti ho toccato. Fino al sepolcro ho visto e assistito a tutto: la ragazzina bruciata, il ragazzino flagellato, gli adolescenti senza famiglia con la droga alla stazione. Fino qui ho visto. Fino al sepolcro ti ho accompagnato Gesù, ora viene il difficile. Scrivere “Buona Pasqua”, scrivere “Buona Resurrezione”, scrivere “Buona liberazione” è veramente dura perché devo aprire il mio cuore alla speranza, alla gioia, alla vittoria del bene sul male…. è dura ma lo si deve fare, non abbiamo altra via.

Se non entriamo in questa logica di vita, di speranza, di resurrezione, sarebbe inutile il nostro camminare sulle strade dell’umanità, inutile sarebbe stata la Tua morte e Resurrezione! Se non entrassi in questa logica di vita, il tuo corpo spezzato, il tuo sangue versato sarebbero vani. Tu ci porti ancora a sperare, Tu ci porti a dire “Buona Resurrezione”.

I segni dei chiodi resteranno, ma per tutti c’è una strada verso la liberazione, la rinascita. Tutto ciò è possibile perché Cristo è risorto! (Don Oreste Benzi).
 

Da Bucarest, Buona Pasqua.

don Federico Pedrana

missionario fidei donum in Romania con l’associazione Papa Giovanni XXIII

01/04/2018 Categoria: Torna all'elenco