“Senza l’umiltà infatti non si può in alcun modo pervenire a quella vita
dalla quale non ci esclude se non la superbia”.
Sant’Agostino, Discorsi 341,4
La tentazione del possesso
Una delle novità introdotte in questi ultimi anni da Papa Francesco è
stata quella di rendere temporanei alcuni incarichi che prima venivano
implicitamente considerati a vita. Questa nuova prassi, che sicuramente
ha la sua radice nel modello della vita religiosa, cui Papa Francesco si
ispira, aiuta a considerare con più realismo le cose: niente ci
appartiene e non possiamo diventare proprietari di quello che non è
nostro se non usurpandone il possesso!
Si tratta di una tentazione che si verifica spesso nei luoghi di
potere, quando ci viene affidata una responsabilità, quando siamo
chiamati a un servizio: facilmente ci consideriamo padroni. Eppure a ben
guardare non arriviamo mai a essere proprietari di qualcosa, tutto ci
può essere tolto in qualunque momento: i nostri cari, i nostri ruoli, la
salute, perfino la nostra stessa vita. Del resto anche il primo peccato
nasceva da un tentativo di appropriarsi di un dono: i frutti erano
stati donati ad Adamo perché ne godesse e invece si lascia prendere
dalla tentazione di averli tutti per sé.
Il giardino, la vigna e la terra
Questa deriva del potere è una possibile chiave per entrare nella
parabola che Gesù racconta in questo passo del Vangelo, nel quale
utilizza l’immagine della vigna, una vigna data in affitto a dei
contadini che vogliono usurparne il possesso. È dunque chiaro a questo
punto che attraverso l’immagine della vigna, Gesù sta rievocando in
poche battute l’intera storia della salvezza. La vigna rimanda infatti
innanzitutto al giardino della creazione, quel giardino preparato,
curato e donato all’uomo. Un giardino in cui ci sono degli alberi per
orientarsi così come in questa vigna c’è una torre per non perdersi tra i
filari. Ma sappiamo bene come per l’autore biblico quel giardino, e
dunque anche questa vigna, siano il simbolo della terra che è stata data
a Israele, gratuitamente, come un dono immeritato. E per aiutare il
popolo a rimanere in quella terra, Dio ha donato anche la legge, come
albero e torre, per orientarsi e rimanere nella relazione con Dio.
Dove tutto avviene
L’immagine della vigna, proprio per questo, ritorna continuamente
nella Scrittura, per indicare tutte quelle dinamiche e quelle
contraddizioni che attraversano la storia d’Israele, nonché la storia
dell’umanità: la vigna è il luogo dell’amore da custodire, l’amore su
cui vigilare, come racconta il Cantico dei Cantici («I figli di
mia madre si sono sdegnati con me: mi hanno messo a guardia delle
vigne; la mia vigna, la mia, non l’ho custodita», Ct 1,6), ma è anche il
luogo dell’abuso, come nella storia di Nabot, in cui la regina Gezabele
fa accusare e mettere a morte Nabot per togliergli la vigna e darla a
suo marito, il re Acab (1Re 21,1-26).
Un Dio paziente
Lungo tutta questa storia, così come nella parabola che Gesù
racconta, emerge però anche l’immagine di un Dio paziente, un Dio che
prova in tutti i modi a suscitare la conversione dell’uomo. Egli
continua a sollecitarci, ad attendere e sperare nella comprensione e nel
cambiamento dell’uomo. Al contrario l’atteggiamento dell’uomo, come
mostra la parabola, è finalizzato a escludere Dio: i contadini vogliono
uccidere il Figlio, perché è l’erede. Una volta tolto di mezzo lui, la
vigna, nei loro deliri, diventa loro proprietà. L’atteggiamento verso la
terra, verso questo mondo, a volte anche sotto apparenza di bene,
tendono a eliminare Dio. L’uomo vuole essere padrone del proprio
destino.
Purtroppo, di tanto in tanto, come anche nel momento che stiamo
vivendo, la realtà ci dimostra che facilmente tutto ci può sfuggire di
mano e che di fatto non c’è nulla che possiamo controllare in maniera
definitiva e permanente. Forse, allora, anche il dramma che stiamo
attraversando può insegnarci, ancora una volta, che siamo solo
affittuari e che il nostro compito è curare questa terra in nome di una
Altro, un Altro che si è fidato e si fida di noi e che spera, per il
nostro bene, nella nostra conversione.
Il vangelo in poche parole