Il brano di oggi (Lc 16,1-13) segue direttamente il capitolo XV del
Vangelo di Luca, con le parabole della misericordia che abbiamo
ascoltato domenica scorsa, e continua con uno stile parabolico.
Quella riportata oggi, però, è alquanto strana: Gesù racconta di un
amministratore che svolge le sue mansioni in maniera disonesta; il suo
datore di lavoro se ne accorge, e gran parte della parabola è occupata
dagli stratagemmi che l’amministratore escogita per salvarsi da questa
situazione incresciosa. E, alla fine, il padrone lo loda per la sua
scaltrezza.
Apparentemente, rispetto alle parabole che abbiamo ascoltato domenica
scorsa, oggi sembra che Gesù abbia completamente cambiato argomento. Ma
potrebbe non essere così.
Ci sono diversi elementi comuni, che proviamo ad ascoltare.
Il primo è quello della difficoltà: domenica scorsa c’era un figlio
in difficoltà per essersene andato di casa, oggi c’è un amministratore
che viene scoperto nei suoi intrighi.
Entrambi, poi, si trovano in questa difficoltà per essersela in qualche modo un po’ cercata.
In entrambi casi la difficoltà è irrisolvibile con le proprie forze
umane, e la cosa è resa molto bene dalle parole dell’amministratore:
“Che cosa farò, ora che il mio padrone mi toglie l’amministrazione?
Zappare, non ne ho la forza; mendicare, mi vergogno” (Lc 16, 3).
Entrambi rientrano in se stessi, una volta toccato il fondo, per decidere il da farsi.
Entrambi, infine, non desiderano altro se non una casa, un luogo dove
essere riaccolti dopo aver fatto esperienza del proprio limite, del
proprio errore, della propria incapacità a bastare a se stessi.
Allora, dalla parabola di oggi, come quella di domenica scorsa, intuiamo un medesimo messaggio.
Il primo è che siamo tutte persone mancanti: abbiamo un debito, con
il quale nasciamo, per il solo fatto di aver ricevuto la vita in dono, e
questo debito si accresce sempre più lungo la strada della vita.
Nessuno di noi, in nessun modo, può riuscire a sdebitarsi: è impossibile.
Dalla parabola, inoltre, emerge che tutto ciò non è un grande
problema: il padrone non si accanisce contro l’amministratore, non
pretende che saldi il debito immediatamente. Anzi, gli dà del tempo,
perché possa in qualche modo sistemare le cose.
Ciò che è importante, infatti, è trovare il modo per non restare
bloccati nel proprio debito, nella propria paura: e potremmo dire che la
via c’è, ma è una sola, ed è quella di intuire qual è la vera
ricchezza, il vero bene.
L’amministratore intuisce che la vera ricchezza è quella
dell’amicizia, della fratellanza, e fa di tutto per entrarne in
possesso.
Lo fa smettendo di utilizzare gli altri per arricchirsi, e iniziando,
al contrario, ad utilizzare le ricchezze per trovare amicizia. Potremmo
dire che smette di trovare casa nelle ricchezze e inizia a trovare una
casa nei fratelli, proprio come il figlio giovane della parabola di
domenica scorsa, che smette di cercare una casa in se stesso e nei
propri capricci e così ritrova la casa del padre.
Gesù, finito di raccontare la parabola, aggiunge un’esortazione molto
severa a proposito della ricchezza (Lc 16, 9-13), perché sa che la
bramosia dei beni è quella cosa capace di offuscare la vista dell’uomo, e
di fargli credere che questi bastino alla sua vita, alla sua gioia.
E questo è così fin dall’inizio della storia: l’istinto del peccato,
che Dio vede accovacciato nel cuore di Caino (Gn 4,7), non è altro se
non quest’avidità insaziabile, per placare la quale l’uomo è disposto a
tutto.
In realtà, Gesù afferma che le ricchezze sono poca cosa, anche quando
sono tante, e sono disoneste (Lc 16,11-12): sono poca cosa perché non
bastano a dare la vita; e sono disoneste, perché promettono la vita
anche se sono incapaci di mantenere la promessa.
Eppure, chi sarà fedele in questa cosa poca e disonesta, senza
utilizzarla pensando che sia tutto, ma vivendo come delle persone
mancanti che condividono ciò che hanno con gli altri, alla fine troverà,
in questa stessa condivisione, la ricchezza vera.
Una ricchezza capace di placare la bramosia, e di far trovare una casa dove infine poter abitare.
Il vangelo in poche parole