«È
da presupporre che un buon cristiano deve essere propenso a difendere
piuttosto che a condannare l’affermazione di un altro».
Ignazio di Loyola
È
proprio del mondo animale fare gruppo nei momenti di pericolo.
Gli animali si trasformano in branchi quando devono difendersi
dall’aggressore, gli uccelli si raccolgono in stormi per non
disperdersi nelle traversate oceaniche. Non possiamo non riconoscere
tracce di animalità quando guardiamo al nostro modo umano di stare
insieme. Facciamo gruppo davanti al pericolo dell’invasione o
davanti allo schermo per i mondiali. E forse Hobbes aveva in mente
l’uomo nel suo essere profondamente animale quando parlava
dello Stato come la soluzione alla guerra di tutti contro tutti. Per
evitare di sbranarci, i cittadini rinunciano a una parte dei loro
diritti in favore del sovrano, il quale viene posto al di sopra della
legge.
La
qualità dei gruppi che frequentiamo dipende dal modo in cui
consideriamo l’altro: una cosa è vederlo come un lupo
come me, un’altra come un fratello di cui prendermi cura. La
verifica del modo in cui stiamo insieme nelle famiglie, nei luoghi di
lavoro, ma anche nelle parrocchie e nelle congregazioni religiose
andrebbe fatta alla luce di questa domanda: perché stiamo
insieme?
Nell’antica
Grecia, armato di una lanterna, Diogene cercava l’uomo,
cercava tracce di umanità. Chissà se è riuscito a trovarlo, oggi
probabilmente Diogene avrebbe rinunciato alla sua fatica.
Questo
testo del Vangelo non parla di gruppo, ma usa un termine ben preciso,
parla di comunità. Il termine greco per comunità è ekklesia
e rimanda a una comune convocazione, siamo stati chiamati, non ci
siamo scelti, ci è stato dato un appuntamento. Siamo chiamati
insieme dal desiderio di un altro. La comunità non ci appartiene
dunque, ma è una risposta al progetto di chi ci ha interpellati.
Siamo liberi di rispondere o meno a questo appello, ma se rispondiamo
non possiamo poi appropriarci dell’invito di chi ci ha chiamati. Il
termine latino, communitas, è altrettanto
evocativo perché rimanda a cum–munus. Munus
vuol dire impegno e onore allo stesso tempo, onere e onore da portare
insieme agli altri (cum). La comunità nasce da una
responsabilità condivisa.
Solo
se la comunità è questa e non una banda di lupi come gli amici di
Hobbes, allora ci si può prendere cura del fratello.
La
comunità è il corpo, come dirà san Paolo (1 Cor 12), riprendendo a
sua volta l’apologo di Menenio Agrippa. La comunità è il corpo
che soffre per ogni membro o che si rallegra per il benessere di ogni
parte.
Nella
comunità immaginata da Gesù è sempre fondamentale salvare
la dignità del singolo, per questo bisogna accompagnarlo in
un cammino di riconciliazione. Nelle nostre dinamiche comunitarie,
l’errore del singolo diventa spesso il luogo per sbranarlo. Gesù
immagina invece un percorso faticoso che richiede tempo, un percorso
fatto di tappe successive, in modo da concedere tempo a chi ha
sbagliato per diventare consapevole del suo errore, ma anche per
dargli la possibilità di portare le sue ragioni.
Il
potere che Gesù ha dato personalmente a Pietro (Mt 16), qui è
esteso a tutta la comunità. Si tratta del potere di legare e
sciogliere, cioè di ammettere o escludere dalla comunità. Nella
comunità dunque siamo tutti chiamati ad essere responsabili di chi
entra e di chi esce, ciascuno deve farsene carico a suo modo.
Questa
comunità, così come è pensata da Gesù, diventa allora il luogo
della presenza di Dio, lo spazio della sua rivelazione. Se
infatti Dio è amore, un amore trinitario, dunque un amore che è già
al suo interno relazione, allora questo amore trova il suo volto
nelle relazioni all’interno della comunità. Per questo motivo la
comunità, due o tre, ovvero il principio della comunità, possono
rendere presente Dio. Dove due o tre si prendono cura l’uno
dell’altro, lì c’è Dio, non certamente dove sono presenti due o
tre che si sbranano a vicenda.
In
ogni comunità ci sono conflitti, anche nella prima comunità per
la quale Gesù pronuncia queste parole, ma il modo di affrontarli
dipenderà dallo sguardo che abbiamo gli uni per gli altri.
Il vangelo in poche parole