Il numero dei laici che si dedicano alla lettura assidua della
Bibbia fortunatamente non è per niente trascurabile. Questo fa bene
sperare per la vita spirituale di queste persone, perché, è proprio vero
che la parola di Dio, come dice Isaia, è «come la pioggia e la neve
che scendono dal cielo e non vi ritornano senza avere irrigato la
terra, senza averla fecondata e fatta germogliare».
COME LEGGERE LA BIBBIA. LE ANGOSCE DEL PARROCO DI BELSITO
Ma a volte questi amanti della Parola vengono a trovarsi di fronte a
problemi di interpretazione che li mettono in difficoltà. Molti han
capito che la lettura personale è bene integrarla con la lettura e la
riflessione di gruppo (gruppi biblici, gruppi di Lectio divina,…) per
non rischiare, come temeva S. Paolo per sé, «di correre o di aver corso invano».
Altri si limitano a ricorrere a qualche esperto per avere un aiuto
immediato. È pur sempre un modo per non isolarsi nel soggettivismo.
Uno di questi si è rivolto di recente al suo parroco, che è il mio amico
di Belsito, e gli ha detto: «Padre, ho trovato due frasi nel Vangelo
che mi pare si contraddicano clamorosamente». E gliele ha citate: «Chi non è con me è contro di me» (Mt 12, 30) e «Chi non è contro di noi è per noi»
(Mc 9, 40). Secondo lui, sono parole che possono giustificare
contemporaneamente sia il fondamentalismo più chiuso (la prima), sia il
permissivismo più sconsiderato (la seconda).
L’amico di Belsito, manco io fossi un esperto biblista, prende il telefono e mi chiama: «Devo rispondere a questo tizio, ma io che gli dico?».
Quando fa così, fa torto a se stesso, perché in seminario è stato ben
preparato anche lui. Perciò, mi son guardato bene dal mettermi a
propinargli una lezione. Non era proprio il caso. Abbiamo cercato di
ragionare insieme e ci siamo trovati facilmente d’accordo.
TESTO E CONTESTO
Ovviamente, ormai lo sanno tutti, quando si legge la Bibbia e ci si
imbatte in frasi imbarazzanti, la prima cosa da fare è di andare a
vedere il contesto in cui una frase è collocata. Questa misura è, per
esempio, molto utile quando si discute con i Testimoni di Geova che
fondano tanto della loro dottrina su frasi completamente isolate dal
contesto a cui fanno dire quello che vogliono loro.
Vediamo le due frasi in questione.
Nella frase di Matteo («Chi non è con me è contro di me») si
tratta del rapporto con Gesù in persona. Il Signore ha appena liberato
un indemoniato e rivela così di essere il liberatore dal potere del
maligno. Di fronte a lui perciò ci si deve decidere: «Non si può servire a due padroni».
La parola riferita da Marco («Chi non è contro di noi è per noi»)
è detta in tutt’altro contesto. L’apostolo Giovanni (uno dei due focosi
«figli del tuono») ha appena riferito a Gesù di aver trovato un tizio
che scacciava i demoni nel suo nome e di averglielo impedito, perché
diceva: «Non è dei nostri».
La risposta del Signore chiarisce tutto: «Non glielo proibite,
perché non c’è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito dopo
possa parlare male di me. Chi non è contro di noi è per noi».
Qui non è in questione il rapporto con il Signore e con la potenza del
suo Spirito, ma l’appartenenza alla sua comunità. E Gesù cerca di far
capire che la sua comunità è aperta a tutti, anche al di là della
cerchia visibile dei discepoli.
Lo dice anche il Concilio: «Quelli che senza colpa ignorano il
Vangelo di Cristo e la sua Chiesa ma che tuttavia cercano sinceramente
Dio e coll’aiuto della grazia si sforzano di compiere con le opere la
volontà di lui, conosciuta attraverso il dettame della coscienza,
possono conseguire la salvezza eterna» (Lumen Gentium 16).
I FIGLI DEL TUONO
Trovata la risposta da dare al suo parrocchiano sull’interpretazione
delle due frasi apparentemente contraddittorie, il parroco di Belsito ha
voluto che io e lui continuassimo insieme il discorso soprattutto sulla
frase di Marco («Chi non è contro di noi è per noi»).
A me pare – mi dice – che «i figli del tuono» come S. Giovanni, che si
danno da fare per impedire di fare miracoli a chi non è dei loro,
numerosissimi, tanto tra noi preti nella nostra pastorale, quanto tra i
laici sia nei loro rapporti all’interno della Chiesa, sia in quelli con
“i lontani”. Se uno non è cattolico come noi, o se, pur essendo
cattolico, non è del nostro stesso movimento spirituale, o della nostra
stessa area culturale e politica, tendiamo a sottovalutarlo, a
demolirlo, ad emarginarlo e perfino a bloccarlo. Naturalmente, sempre
per la maggior gloria di Dio, nel quale NOI crediamo fermamente.
Dimentichiamo che quello stesso Dio «non fa differenze di persone,
ma, quando uno teme lui e pratica la giustizia, è a lui gradito a
qualunque popolo (o movimento o partito) appartenga» (At 10, 34s).