Auguro pace ad ogni uomo, donna, bambino e bambina e
prego affinché l’immagine e la somiglianza di Dio in ogni persona ci
consentano di riconoscerci a vicenda come doni sacri dotati di una
dignità immensa. Soprattutto nelle situazioni di conflitto, rispettiamo
questa “dignità più profonda” e facciamo della nonviolenza attiva il
nostro stile di vita.
Cosi inizia il messaggio che papa
Francesco ha scritto per la 50ª Giornata Mondiale della Pace del 1
gennaio 2017. Lo slogan scelto era “La nonviolenza: stile di una politica per la pace”. Uno slogan che certo sarebbe piaciuto ad un uomo, Franz Jagerstatter,
sepolto in un cimitero posto fuori la chiesa di St.Radegund, un piccolo
paese non distante da Brauau sull’Inn, il comune austriaco dove, nel
1889, nacque Adolf Hitler. Ogni volta che sosto davanti alla lapide di
Jagerstatter penso a questa vicinanza perché Franz venne decapitato dai
nazisti il 9 agosto del 1943.
Retta coscienza e fedeltà al Vangelo. Una vicenda esemplare
Accogliamo la richiesta del nostro fratello Ludwig
Schwarz, vescovo di Linz e di molti altri fratelli vescovi come pure di
molti credenti e dopo aver raccolto il parere della Congregazione per la
proclamazione dei Beati e dei Santi, concediamo per mezzo della nostra
Autorità Apostolica, che l’adorabile servo di Dio Franz Jägerstätter
martire, padre di famiglia, sia d’ora in poi acclamato come Beato. Ha
offerto la sua vita in commovente abnegazione, con retta coscienza nella
fedeltà al Vangelo e per la dignità della persona umana. La sua festa
può essere celebrata annualmente il 21 maggio, giorno del suo battesimo,
nei luoghi e nei modi previsti dal diritto. Nel nome del Padre, del
Figlio e dello Spirito Santo. Amen
Così il Decreto Apostolico di papa Benedetto XVI che riconosce il
valore di questo solitario contadino che, in ascolto della coscienza e
della Parola di Dio, maturò la sua ferma opposizione al
nazionalsocialismo. Non è stato sempre così.
Franz nasce il 20 maggio del 1907. Il giorno successivo viene
battezzato nella chiesa parrocchiale di Sankt Radegund. All’età di
vent’anni Franz va via dal paese per lavorare nelle miniere in Stiria,
nell’Austria orientale. Lo spinge la ricerca di lavoro ma anche, quasi
sicuramente, la vicenda di una relazione con una ragazza alla quale nel
1933 nasce una bambina, Hildegard. Franz non può sposarla ma resterà
sempre molto legato alla figlia naturale. Dopo pochi anni ritorna a
casa. Nel 1936 sposa Franziska Schwaninger. Il matrimonio segna una
svolta nella vita di Franz. Se fino ad allora il suo cristianesimo era
stato – come capitava spesso nella zona – molto tradizionale e di
facciata, ora si dedica con attenzione alla crescita spirituale.
Franziska anima suo marito alla lettura della Bibbia e alla preghiera in
comune. A partire dalle sue nozze Franz si accosta spesso
all’Eucaristia. Franz mantiene la famiglia (che, nei primi quattro anni
di matrimonio, si è arricchita di tre bambine) coltivando i campi della
sua fattoria. Nel tempo libero fa il sacrestano nella chiesetta di St.
Radegund. Il 1938 è un anno decisivo per lui: l’Austria viene invasa
dalla Germania e annessa al Terzo Reich. Il 18 marzo viene pubblicato un
documento dell’episcopato di Vienna che loda le conquiste del
nazionalsocialismo e invita i fedeli a votare a favore dell’annessione.
Il 99,08% degli austriaci si dichiara – come dice il testo del
referendum – “solidale con il nostro Fuhrer Adolf Hitler e nello stesso
tempo con la riunione dell’Austria alla Germania”. Franz è l’unico del suo piccolo paese a votare no. In seguito raccontò più volte che nel 1938 in sogno fu messo in guardia sui rischi del nazionalsocialismo.
Era quasi mezzanotte, mi trovavo nel letto senza dormire,
benché non fossi malato e dovessi già essermi addormentato per un po’.
Ad un tratto mi venne mostrato un bel treno che girava attorno ad una
montagna. Oltre agli adulti c’era anche un gran numero di ragazzi che
accorreva per salire sul treno e non si riusciva quasi a fermarli. (Del
fatto che ci fossero pochi adulti che non facevano parte della compagnia
preferisco non parlarne o scrivere). Poi improvvisamente una voce mi
disse:’Questo treno conduce all’inferno.’ E subito ebbi l’impressione
che qualcuno mi prendesse per mano.’E adesso noi andiamo in purgatorio’,
mi disse la stessa voce. Qui ciò che io ho visto e sperimentato come
sofferenza è terribile, e se questa voce non mi avesse detto che
andavamo nel purgatorio, non avrei potuto credere che di trovarmi
all’inferno. È probabile che siano passati solo pochi secondi, durante i
quali io ho visto tutto ciò. Poi sentii ancora un rumore sordo, vidi
una luce e tutto scomparve. Svegliai subito mia moglie e le raccontai
tutto quanto era accaduto. Prima di quella notte non avevo naturalmente
mai potuto pensare veramente che le sofferenze del purgatorio potessero
essere così. All’inizio questo treno che correva mi risultava piuttosto
misterioso, ma più passava il tempo più si svelava anche il suo
significato. Ed oggi mi sembra che questo quadro non rappresenti altro
che il nazionalsocialismo che a quel tempo irrompeva violentemente o si
introduceva di soppiatto con tutte le sue articolate strutture….
Dopo l’annessione dell’Austria rifiutò qualsiasi forma di collaborazione con il regime nazista, così come pure respinse ogni possibile vantaggio conseguente.
Proviamo a chiederci se l’Austria e la Baviera non
abbiano alcuna colpa del fatto che invece di un governo cristiano ne
abbiamo uno nazionalsocialista. Il nazionalsocialismo è caduto dal
cielo? Io credo, e su questo punto non c’è bisogno di spendere molte
parole, che chi nel marzo 1938 non dormiva sa bene come è andata allora.
Io credo che non sia andata diversamente dal giovedì santo di oltre
1900 anni fa, quando il popolo ebraico ha potuto liberamente scegliere
tra Cristo, il Salvatore senza colpa, e Barabba, il malfattore: anche
allora i farisei avevano distribuito denaro tra il popolo per ingannare e
intimidire coloro che stavano ancora con Cristo. Quali e quante
nefandezze sono state raccontate e inventate anche da noi nel marzo 1938
contro un cancelliere dai sentimenti cristiani e contro la spiritualità
dei credenti?
Non si può essere nazisti e cristiani allo stesso tempo
Il 1 settembre del 1939 inizia la seconda guerra mondiale con
l’aggressione alla Polonia. Una settimana dopo, i tedeschi sono alle
porte di Varsavia. I vescovi austriaci, che avevano fatto suonare le
campane per festeggiare l’ingresso delle truppe nazionalsocialiste nella
capitale polacca, pubblicano una lettera pastorale:
In quest’ora decisiva incoraggiamo ed esortiamo i nostri
soldati cattolici, in obbedienza al Führer a compiere il loro dovere e
ad essere pronti a sacrificare tutto di sé stessi. Esortiamo i fedeli ad
unirsi in una ardente preghiera affinché la Provvidenza divina conduca
questa guerra a una fine benedetta e assicuri la pace alla patria e al
popolo.
Franz viene a conoscenza, a poco a poco, delle atrocità del
nazionalsocialismo; la sua politica carica di sprezzo per Dio e per
l’uomo lo induce ad opporsi al regime. Nel 1940/41 Franz presta servizio
militare come autiere nella Wehrmacht. Con un altro soldato entra l’8
dicembre 1940 nel Terzo ordine francescano. Su sollecitazione
dell’amministrazione comunale di St. Radegund viene dichiarato per due
volte indispensabile, perché prosegua il suo lavoro di contadino.
Nonostante la forte pressione degli amici e dei conoscenti, tra cui
anche sacerdoti, decide per un’opposizione inflessibile al regime. Prega e digiuna, medita la Sacra Scrittura e giunge alla conclusione:
Nessuna autorità terrena può sottomettere la coscienza.
La forza di decidere secondo coscienza la sente sempre più come
grazia, per la quale era riconoscente. Di fronte ad una chiesa
connivente con il regime nazista, scrive
Credo che la fede cristiana, nel nostro paese, non
andrebbe poi tanto peggio se non ci fosse più una Chiesa aperta e a
migliaia avessero sacrificato il proprio sangue e la vita per Cristo e
la fede, piuttosto che starsene a guardare in silenzio.
Ed ancora:
Forse erano poco preparati ad accollarsi questa lotta e a
decidersi se vivere o morire… Per questo ci si può facilmente
immaginare la difficile decisione davanti alla quale stavano i nostri
vescovi e preti nel marzo 1938. I nostri vescovi devono aver forse
creduto che sarebbe durato poco e poi tutto si sarebbe frantumato e che
con la loro accondiscendenza avrebbero potuto risparmiare ai fedeli
martiri e pene. Ma è andata diversamente, sono passati molti anni ed ora
migliaia di uomini devono morire per questo errore.
Testimone del Vangelo fino alla fine
Il 22 febbraio 1943 (giorno in cui, a Monaco di Baviera, vengono
decapitati i fratelli Scholl, fondatori della Rosa Bianca) in
conseguenza della nuova chiamata alle armi si rifiuta di andare in
guerra per Hitler e viene arrestato e imprigionato a Linz. Seguono due
mesi di arresto, torture e umiliazioni. Quando si sente abbandonato
dalla forza della fede, si ricorda della gioia provata nel matrimonio
con la moglie Franziska e interpreta questa gioia come un segno duraturo
della presenza di Dio. All’inizio di maggio viene trasferito nel
carcere di Tegel presso Berlino (lo stesso dove è rinchiuso Dietrich Bonhoeffer).
La sua domanda di prestare servizio nella sanità viene respinta. Il 6
luglio è condannato a morte. Il cappellano del carcere gli racconta di
altri condannati a morte, tra cui del padre pallottino Franz Reinisch;
questo gli dà coraggio e consolazione. Franz e la moglie Franziska si
sentivano uniti alle sofferenze di Cristo e questo fornì loro nuove
forze. Nella cella del carcere confidava:
Non solo nel Cristo umiliato e sofferente del venerdì santo, ma anche nel vincitore della morte della mattina di Pasqua.
Come scrive in una lettera:
…Non spaventarsi davanti ad alcun martirio e , se deve essere, donare anche la propria vita.
Attende così consapevolmente l’incontro con il Dio dell’Amore al
quale voleva presentarsi riconciliato. Il 9 agosto 1943 Franz
Jägerstätter viene condotto da Berlino a Brandenburg e là, alle 16,
decapitato sul patibolo. Il sacerdote Albert Jochmann, che lo
accompagnò, subito dopo l’esecuzione dichiarò: “Oggi ho incontrato
l’unico santo della mia vita”.
Come dice la Petitio:
Franz Jägerstätter per la decisa condotta della sua vita e
per il suo martirio è un profeta dalla visione lungimirante e profonda.
È un esempio della fedeltà alle istanze della coscienza, un peroratore
della causa della non violenza e della pace, un monito vivente di fronte
a ideologie distruttive. Attraverso una coscienza formata e generosa
pronunciò un No deciso all’idolatria del nazionalsocialismo. Come
testimone delle Beatitudini evangeliche fornisce un volto alla Buona
Novella dell’amore di Dio e del prossimo. Per queste ragioni il vescovo
di Linz prega il Santo Padre di accogliere il servitore di Dio Franz
Jägerstätter nella schiera dei Beati.
Cosa resta di Franz Jagerstatter?
Franz può essere definito come un “resistente” al nazismo, un
semplice contadino che rappresenta uno dei pochissimi testimoni che in
terra tedesca, abbia osato opporsi al regime hitleriano. La sua è una
storia non “etichettabile”, vissuta in totale solitudine, del tutto
staccata da qualsiasi movimento di opposizione interna al nazismo. La
scelta e la vita di Franz sono riferibili ad una radicalità evangelica
che non ammette repliche, anzi provoca ed interroga. Non è senza
significato che il suo parroco Josef Karobath, dopo la discussione
decisiva nel 1943, pochi giorni prima della chiamata all’arruolamento,
abbia scritto:
Mi ha lasciato ammutolito, perché aveva le argomentazioni migliori.
Lo volevamo far desistere ma ci ha sempre sconfitti citando le Scritture.
In Franz c’è una serenità, anche se mediata e sofferta, di adesione
al pieno significato del messaggio evangelico: in lui la coerenza
diventa fattore distintivo, non per preconcetti ideologici o per un
astratto pacifismo, ma perché si lascia condurre dalla concreta e
vissuta adesione ai valori, ai significati, alle esigenze di ciò in cui
crede” (Girardi).
Nella vicenda umana e religiosa di Franz Jägerstätter emerge con forza il primato della coscienza,
vero faro per il comportamento di un semplice laico cristiano. Senza
eccedere a posizioni eterodosse, Franz si pone in fermo ascolto di ciò
che “gli sembra giusto”. Lo fa con enorme sofferenza, perché deve andare
contro ciò che ha di più caro, la famiglia, contro molti pastori della
Chiesa, contro i suoi concittadini, di cui “sente” la disapprovazione,
lui a cui era stato chiesto di diventare sindaco. Il suo ascolto non è
improvvisato. Franz studia la Bibbia, legge i documenti della Chiesa, si
confronta con persone di cui ha fiducia, prega molto, medita, digiuna.
Si sottopone ad un percorso di formazione della coscienza, pur nelle
condizioni proibitive di quegli anni. L’atteggiamento etico di Franz fa
leva sulle “cose ultime”, le cerca e le desidera. Non le pone sullo
sfondo del proprio agire, ma le fa diventare determinanti per decisioni e
comportamenti. Anche davanti alla moglie, nei venti minuti di colloquio
concesso in carcere, a Berlino, poche settimane prima dell’epilogo,
ricorda che ciò che li attende è il Cielo e “chi ama il padre o la madre
più di me non è degno di me” (Mt. 10,37). La testimonianza di Franz si
fonda su un altissimo senso della dignità della persona, sul valore
della coscienza, sull’importanza della responsabilità individuale anche
di fronte alle scelte collettive. Essa ricorda inoltre il sacrificio di
coloro che hanno lottato contro le barbarie dei regimi totalitari. Come
ha detto papa Benedetto XVI nella sua visita nel campo di concentramento
di Auschwitz-Birkenau, quando aveva ricordato quanti nella Germania di
Hitler si erano opposti al regime nazista ed erano considerati allora
come “il rifiuto della nazione”:
Ora però noi li riconosciamo con gratitudine come i
testimoni della verità e del bene, che anche nel nostro popolo non era
tramontato. Ringraziamo queste persone, perché non si sono sottomesse al
potere del male e ora ci stanno davanti come luci in una notte buia.
Con profondo rispetto e gratitudine ci inchiniamo davanti a tutti coloro
che, come i tre giovani di fronte alla minaccia della fornace
babilonese, hanno saputo rispondere: ‘Solo il nostro Dio può salvarci.
Ma anche se non ci liberasse, sappi, o re, che noi non serviremo mai i
tuoi dèi e non adoreremo la statua d’oro che tu hai eretto’.