"Capisci ciò che leggi?" - Lettura continua del Vangelo di Marco: Mc 14,22-26
Mc 14,22 E,
mentre mangiavano, prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e
lo diede loro, dicendo: "Prendete, questo è il mio corpo".
23
Poi prese un calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti.
24
E disse loro: "Questo è il mio sangue dell'alleanza, che è versato per molti.
25
In verità io vi dico che non berrò mai più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo, nel regno di Dio".
Dopo aver cantato l'inno, uscirono verso il monte degli Ulivi.
Gesù
pronuncia le parole che trasformano la Pasqua ebraica in celebrazione
cristiana su una comunità di peccatori e di traditori. Ad essi dà
da mangiare il suo corpo e da bere il suo sangue che sono l’oggetto
del loro tradimento: all’eccesso di ingratitudine degli uomini,
risponde con l’eccesso del suo amore. Notiamo il duplice sottofondo
anticotestamentario: il richiamo all’alleanza del Sinai (Es 24,8) e
al Servo di Dio che dona la propria vita per tutti (Is 53). Inoltre
vi è un chiaro riferimento alla croce: in questa direzione ci
conduce il simbolo del corpo donato e del sangue sparso.
Gesù
sta svelando l’intenzione fondamentale che ha guidato la sua vita,
ci sta manifestando la sua verità ultima: egli ha vissuto una vita
in dono per tutti. E’ questo «per» che indica il significato
ultimo di Gesù: un’esistenza donata. E’ un donarsi per tutti,
non solo per alcuni, è un donarsi consapevole del rifiuto: rifiutato
da tutti, muore per tutti. E’ un donarsi universale e ostinato, una
solidarietà che non si lascia vincere dall’incomprensione e dal
rifiuto. Anche il tradimento mette in luce l’amore ostinato di
Gesù.
Ricordando il tradimento, la
comunità è invitata a non scandalizzarsi quando scoprirà nel
proprio seno il tradimento e il peccato: è un’esperienza che Gesù
stesso ha vissuto e che ha previsto per la sua Chiesa. La comunità
cristiana è invitata a non cullarsi in una falsa sicurezza e
presunzione di sé, come ha fatto Pietro: il peccato è sempre
possibile ed è vano fidarsi delle proprie forze. Ma il vangelo ci
insegna che l’incomprensione e il tradimento del discepolo sono
superati e vinti dall’amore del Maestro.
Ogni
religione prevede il sacrificio dell’uomo a Dio. Il cristianesimo
invece si fonda sul sacrificio di Dio all’uomo. L’Eucaristia
«culmine e fonte di tutta la vita cristiana» (LG 11) è veramente
tutto e ci dà tutto: è tutta la creazione che si fa corpo e sangue
di Cristo; è l’umanità intera assunta nella sua carne; è Dio che
si dona all’uomo. Nell’Eucaristia l’amore di Dio raggiunge il
suo fine: unirsi a noi e farsi nostra vita.
L’Eucaristia
divinizza realmente l’uomo, ma senza alcuna confusione. Distinto da
Dio, l’uomo è realmente unito a lui in un unico amore e in
un’unica vita. Questa unione viene chiamata alleanza. Il sangue
della nuova alleanza è quello uscito dalla persona di Gesù. Questo
sangue, come quello che Mosè asperse sull’altare e sul popolo (Es
24,6.8), unisce l’uomo a Dio, rendendoli consanguinei. Questa
alleanza è eterna perché non possiamo più infrangerla. Qualunque
cosa facciamo, anche se lo mettiamo in croce, Dio rimane sempre
fedele al suo amore per noi «perché non può rinnegare se stesso»
(2Tim 2,13). Paolo apostolo ha scritto: «A stento si trova chi sia
disposto a morire per una persona dabbene. Ma Dio dimostra il suo
amore verso di noi perché, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è
morto per noi» (Rm 5,7–8).
Ora,
«se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? Chi accuserà gli
eletti di Dio, se Dio giustifica?» (Rm 8,31.33). Per questo san
Paolo dice di essere convinto che «né morte né vita, né angeli né
principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezza né
profondità, né alcun’altra creatura potrà mai separarci
dall’amore che Dio ha per noi in Cristo Gesù nostro Signore» (Rm
8,31ss).
Il
vino è bevanda della terra promessa. Gesù sarà pellegrino nel
mondo, digiuno e abbeverato di morte, fino al giorno in cui l’ultimo
fratello non si sarà arreso alla conoscenza dell’amore del Padre.
Quando la sua casa sarà piena di tutti i suoi figli, sarà il regno
di Dio in pienezza. Fino ad allora Gesù continuerà a bere il calice
di morte per dare a tutti noi il calice di vita. Quanti ne bevono
sono spinti a loro volta dal suo stesso amore di Figlio versi i
fratelli che ancora non conoscono il Padre (2Cor 4,12).
Alla
fine della cena pasquale tutti cantano l’inno. E’ il grande
Hallel (Sal 136). E’ un salmo che, passando in rassegna i doni
della creazione e della storia, ripete ad ogni riga il ritornello
«perché eterna è la sua misericordia». Queste parole dicono il
perché profondo di tutta la creazione e di tutta la storia.
Dopo
l’Eucaristia anche noi comprendiamo che la sua misericordia eterna
è il perché ultimo di tutto quanto c’è e accade: è il trionfo
del suo amore su tutto il male del mondo. A noi, che abbiamo compiuto
il massimo male uccidendo suo Figlio, il Padre concede il massimo
bene, donandoci la vita del Figlio. La sua misericordia è eterna e
onnipotente, capace di capovolgere in bene ogni male e di salvare
tutto e tutti.